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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-02-25 ad oggi 2010-03-01

Ambiente - Formigoni: pronti 20 milioni per il Lambro

La macchia di gasolio dal Po arriva al mare. Porto Tolle vieta l’acqua

Il Comune: trovati cancerogeni

GORO (Ferrara)—È arrivata esausta, diluita, sfiancata dall’azione di contenimento dell’uomo. Ma è arrivata la macchia d’olio. Là dove si sperava non arrivasse. In Adriatico. Scendendo lungo il Po di Goro, ramo minore del Grande Fiume. Nonostante lo sbarramento allestito a Papozze, dove il Po si biforca ed entra nel Delta. Nonostante i battelli mangia- petrolio dotati di aspiratori (gli skimmer). È arrivata, si potrebbe dire, quasi in incognito: "La presenza di idrocarburi non è visibile—afferma Demetrio Egidi, direttore della Protezione civile dell’Emilia-Romagna —, si nota però la pellicola d’olio".

Bertolaso fiducioso sul Po "L'Adriatico non sarà toccato" 26 febbraio 2010

Il responsabile della Protezione Civile Guido Bertolaso durante il sopralluogo al fiume Lambro (Ansa Pierpaolo Ferreri)

Dal Lambro l'onda nera di gasolio è arrivata al Po

L'onda di idrocarburi in Adriatico tra 70 ore

La marea nera fermata per l'80% a Isola Serafini

Sul Po dove si tenta di bloccare l'onda nera di gasolio

"Non credo che arriverà in Adriatico neppure una goccia d'olio e questo credo che sia l'obiettivo principale": così il numero uno della Protezione Civile, Guido Bertolaso, al termine della riunione indetta in prefettura a Milano sull'emergenza ambientale dei fiumi Lambro e Po. "Al momento siamo tranquilli - ha detto Bertolaso - le verifiche le stiano facendo, le analisi le stiamo facendo, i blocchi per arginare la macchia d'olio li abbiamo messi, ripeto non credo che in Adriatico arriverà neppure una goccia d'inquinante".

Bertolaso già a fine mattinata aveva anticipato, dopo il vertice in prefettura a Piacenza, che un buon 80% della massa di idrocarburi sversati nella notte tra lunedì e martedì nel fiume Lambro a Villasanta dalle cisterne dell'ex raffineria della Lombarda Petroli era stato fermato dalle barriere erette all'altezza della centrale Enel di Isola Serafini, poco dopo Piacenza.

Il presidente della Lombardia: "Cause poco chiare, chiedo pene esemplari"

Bertolaso: "Il Lambro? Va meglio"

Formigoni: "Come l'attentato a Firenze"

La barriera di Isola Serafini ha fermato gran parte della massa oleosa: "Può essere sfuggito il 10 per cento"

PIACENZA - La situazione della marea nera che dal Lambro è giunta al Po "è molto migliorata". Lo ha assicurato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, giunto a Piacenza per un incontro in prefettura. Alle 16 è previsto un altro incontro nella prefettura a Milano con le autorità lombarde. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha paragonato lo sversamento di oli combustibili nel Lambro all'attentato compiuto dalla mafia nel maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze, presso il museo degli Uffizi, e ha chiesto "pene esemplari" per i responsabili.

Lambro, dietro quel sabotaggio appalti e un progetto milionario

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell'antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po.

La Procura indaga sul sottobosco degli appalti

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Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

 

 

DAL SITO DE il SOLE 24 ORE

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2010-02-26

Gli interventi di sbarramento previsti in Lombardia

Da Plinio a Guareschi, sul Po scorre la letteratura

di Stefano Biolchini

 

AVVENIRE

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2010-03-01

 

27 Febbraio 2010

L'onda nera

Salvataggio in extremis

per il Po e l’Adriatico

Troppi ritardi, troppi silenzi e troppi attori in gioco. Il disastro ambientale che ha coinvolto il Lambro e il Po minaccia ancora la città di Ferrara e il Polesine, anche se secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso, che ha partecipato ieri a Milano a un vertice in prefettura, "la situazione che fino a giovedì mattina era potenzialmente critica, adesso è sotto controllo". L’obiettivo è chiudere l’emergenza entro domenica, impedendo alla marea nera di arrivare nell’Adriatico, ma intanto si allunga la serie di interrogativi sulla catena di responsabilità e omissioni che ha portato il Nord Italia sull’orlo di una crisi ambientale senza precedenti. Giovedì intanto la presidenza del Consiglio ha firmato lo stato di emergenza, che consentirà alla Protezione civile di agire in deroga e che verrà ratificato dal Consiglio dei ministri di lunedì. E mentre Comuni e Province della Pianura Padana chiedono rassicurazioni sul futuro dell’ecosistema e si preparano alla conta dei danni, non è ancora chiaro cosa sia successo e chi siano stati gli autori dell’azione dolosa che ha portato oltre 3mila tonnellate di idrocarburi nel corso del Lambro. Secondo il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, siamo di fronte a "un atto di ecoterrorismo": intanto l’Arpa regionale ha presentato un esposto contro Lombarda Petroli per "gravi inadempienze".

Cosa non ha funzionato

La marea nera continua a viaggiare nelle province di Cremona e di Mantova, ma l’impatto con la diga dell’Enel di Isola Serafini, nel Piacentino, ha fortunatamente portato ai risultati sperati: circa il 90% del materiale sversato martedì mattina dalla Lombarda Petroli di Villasanta è stato infatti bloccato dalle imponenti paratoie della centrale elettrica, chiusa appositamente per affrontare l’emergenza. "Si è fermata la parte più viscosa – spiega il responsabile del nucleo idroelettrico della centrale, Giovanni Rocchi – e sembra che anche il materiale inquinante in arrivo sia in quantità inferiore". Sul campo è aumentata l’attività dei mezzi di aspirazione, chiamati a raccogliere idrocarburi, legname e rifiuti vari accumulatisi sotto le dighe e vicino alle sponde del Po. Nel frattempo, sono stati finalmente forniti i primi dati sul materiale sversato nel Lambro: secondo la Regione Lombardia, circa 3mila tonnellate di liquidi inquinanti sono fuoriusciti dai serbatoi di Villasanta, dei quali 1250 bloccati dentro il depuratore di Monza. La qualità? Soprattutto gasolio (1862 tonnellate) e per la parte rimanente olio combustibile. Il problema, stando alle ricostruzioni dei tecnici, è stato lo scarso filtro fatto sul corso del fiume Lambro, dove a poco sono serviti i tentativi di bloccare la marea con barriere mobili. Quanto alle polemiche sui ritardi negli interventi, la Protezione civile lombarda ha ribadito durante il vertice che "non sono passati tempi eclatanti da quando è stato dato l’allarme".

L’obiettivo? Salvare il delta del Po

Ma qual è la condizione attuale delle acque del Po? "Secondo le analisi e i prelievi fatti dall’Arpa sia a un metro, sia due e tre metri di profondità – ha spiegato Bertolaso – fortunatamente non ci sono dati allarmanti: è tutto nell’ambito della norma". Non risulta né l’inquinamento della falda né un rischio potenziale, a oggi, per il mare Adriatico. "Neppure una goccia d’olio arriverà al mare" ha promesso. Quanto al delta del "grande fiume", si sta pensando di mettere diversi sbarramenti per preservare l’intero ecosistema, tanto delicato quanto prezioso. Nel frattempo, la cabina di regia sull’emergenza dovrà definire le strategie nelle prossime 48-72 ore. Bertolaso, che oggi sarà a Ferrara e Rovigo, ha elogiato il coordinamento tra le tre regioni coinvolte (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) senza risparmiare però una piccola frecciata. "Ci sono diverse, forse troppe, realtà che hanno un ruolo nel governo delle acque del Po". Le stesse realtà già pronte a bussare alle porte del governo per chiedere fondi a risarcimento del danno subito.

Diego Motta

 

 

 

 

 

 

 

2010-02-27

27 Febbraio 2010

L'onda nera

Salvataggio in extremis

per il Po e l’Adriatico

Troppi ritardi, troppi silenzi e troppi attori in gioco. Il disastro ambientale che ha coinvolto il Lambro e il Po minaccia ancora la città di Ferrara e il Polesine, anche se secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso, che ha partecipato ieri a Milano a un vertice in prefettura, "la situazione che fino a giovedì mattina era potenzialmente critica, adesso è sotto controllo". L’obiettivo è chiudere l’emergenza entro domenica, impedendo alla marea nera di arrivare nell’Adriatico, ma intanto si allunga la serie di interrogativi sulla catena di responsabilità e omissioni che ha portato il Nord Italia sull’orlo di una crisi ambientale senza precedenti. Giovedì intanto la presidenza del Consiglio ha firmato lo stato di emergenza, che consentirà alla Protezione civile di agire in deroga e che verrà ratificato dal Consiglio dei ministri di lunedì. E mentre Comuni e Province della Pianura Padana chiedono rassicurazioni sul futuro dell’ecosistema e si preparano alla conta dei danni, non è ancora chiaro cosa sia successo e chi siano stati gli autori dell’azione dolosa che ha portato oltre 3mila tonnellate di idrocarburi nel corso del Lambro. Secondo il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, siamo di fronte a "un atto di ecoterrorismo": intanto l’Arpa regionale ha presentato un esposto contro Lombarda Petroli per "gravi inadempienze".

Cosa non ha funzionato

La marea nera continua a viaggiare nelle province di Cremona e di Mantova, ma l’impatto con la diga dell’Enel di Isola Serafini, nel Piacentino, ha fortunatamente portato ai risultati sperati: circa il 90% del materiale sversato martedì mattina dalla Lombarda Petroli di Villasanta è stato infatti bloccato dalle imponenti paratoie della centrale elettrica, chiusa appositamente per affrontare l’emergenza. "Si è fermata la parte più viscosa – spiega il responsabile del nucleo idroelettrico della centrale, Giovanni Rocchi – e sembra che anche il materiale inquinante in arrivo sia in quantità inferiore". Sul campo è aumentata l’attività dei mezzi di aspirazione, chiamati a raccogliere idrocarburi, legname e rifiuti vari accumulatisi sotto le dighe e vicino alle sponde del Po. Nel frattempo, sono stati finalmente forniti i primi dati sul materiale sversato nel Lambro: secondo la Regione Lombardia, circa 3mila tonnellate di liquidi inquinanti sono fuoriusciti dai serbatoi di Villasanta, dei quali 1250 bloccati dentro il depuratore di Monza. La qualità? Soprattutto gasolio (1862 tonnellate) e per la parte rimanente olio combustibile. Il problema, stando alle ricostruzioni dei tecnici, è stato lo scarso filtro fatto sul corso del fiume Lambro, dove a poco sono serviti i tentativi di bloccare la marea con barriere mobili. Quanto alle polemiche sui ritardi negli interventi, la Protezione civile lombarda ha ribadito durante il vertice che "non sono passati tempi eclatanti da quando è stato dato l’allarme".

L’obiettivo? Salvare il delta del Po

Ma qual è la condizione attuale delle acque del Po? "Secondo le analisi e i prelievi fatti dall’Arpa sia a un metro, sia due e tre metri di profondità – ha spiegato Bertolaso – fortunatamente non ci sono dati allarmanti: è tutto nell’ambito della norma". Non risulta né l’inquinamento della falda né un rischio potenziale, a oggi, per il mare Adriatico. "Neppure una goccia d’olio arriverà al mare" ha promesso. Quanto al delta del "grande fiume", si sta pensando di mettere diversi sbarramenti per preservare l’intero ecosistema, tanto delicato quanto prezioso. Nel frattempo, la cabina di regia sull’emergenza dovrà definire le strategie nelle prossime 48-72 ore. Bertolaso, che oggi sarà a Ferrara e Rovigo, ha elogiato il coordinamento tra le tre regioni coinvolte (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) senza risparmiare però una piccola frecciata. "Ci sono diverse, forse troppe, realtà che hanno un ruolo nel governo delle acque del Po". Le stesse realtà già pronte a bussare alle porte del governo per chiedere fondi a risarcimento del danno subito.

Diego Motta

 

 

 

 

 

2010-02-26

Nel Po l'onda nera

Interni

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25 Febbraio 2010

AMBIENTE

Allarme Lambro

Nel Po l'onda nera

È disastro ambientale. Non sono state sufficienti le misure messe in atto dal comune di Monza e dalla regione Lombardia :le barriere collocate non hanno retto e l’onda nera delle 600mila tonnellate di gasolio, in poco più di 24 ore, ha raggiunto il Po e sta inesorabilmente scivolando a valle. La protezione civile dell’Emilia Romagna prevede che il materiale inquinante starà nel "grande fiume"per cinque giorni e interesserà l’asta delle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara fino a lunedì. "Gli interventi urgenti attivati nella regione Lombardia - fa sapere la protezione civile - e in corso di attuazione in Emilia Romagna hanno limitato le quantità di olio combustibile in transito sul Po.

Il passaggio della massa di olio combustibile potrà essere segnalato da odore caratteristico di idrocarburi che perdurerà per alcuni giorni e da una colorazione iridescente delle acque superficiali". E il Presidente della regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, che si è detto "preoccupato" e ha sollecitato "la massima collaborazione per affrontare situazione e ridurre i danni ambientali" ha chiesto lo stato di emergenza in stretto raccordo con la Regione Lombardia. Intanto proseguono le attività di cooperazione tra le due Regioni, le Prefetture e le Province interessate, l’Arpa, le Protezioni civili regionali, l’Aipo, i Vigili del Fuoco e l’Autorità di bacino. Tutti insieme per affrontare l’emergenza ambientale che ha riunito nelle prefetture di Milano, ieri mattina e di Piacenza, ieri pomeriggio, le task force delle due regioni. Il piano, già in esecuzione, riguarda il posizionamento di barriere su cinque punti del fiume e successivamente è anche previsto l’arrivo di speciali attrezzature Skimnner che, abbinate ad auto spurghi già messi a disposizione tramite Enia, provvederanno a estrarre la massa oleosa intercettata dalle barriere. Questa verrà inviata negli appositi siti di stoccaggio provvisorio.

"Siamo di fronte a un disastro ambientale vero e proprio - dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente - il problema non riguarda solo il fiume Lambro ma tutta l’asta del Po fino al delta. Per arginare i danni che può causare la macchia d’olio, urge un coordinamento nazionale degli interventi delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna". E anche la centrale Enel di Isola Serafini, nel Po piacentino, ieri sera alle 19.15 ha fermato l’impianto, aprendo le paratoie inferiori per far defluire il Po dal basso e trattenere così la macchia oleosa nello sbarramento. Attualmente le zone più colpite sembrano essere quelle più distanti dal luogo dello sversamento, vale a dire le campagne del sud Milano e del lodigiano, dove il Lambro si immette nel Po. E sul disastro ambientale provocato al fiume Lambro nelle province di Milano, Monza e Lodi, il governo terrà oggi alle 15 nell’Aula della Camera una informativa d’urgenza.

Daniela Fassini

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-03-01

c'è chi ha approfittato della patina oleosa per sbarazzarsi di sostanze inquinanti

Po: bloccato l'inquinamento da petrolio, ma scatta l'allarme per gli "sciacalli"

Niente acqua potabile a Porto Tolle e Adria per lo sversamento di 1.2 dicloroetano nel fiume

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Niente acqua potabile a Porto Tolle e Adria per lo sversamento di 1.2 dicloroetano nel fiume

Analisi dell'acqua del Po (Emmevi)

Analisi dell'acqua del Po (Emmevi)

MILANO - L'inquinamento del Po causato dallo sversamento di centinaia di tonnellate di idrocarburi scaricate nel Lambro a causa del sabotaggio della Lombarda Petroli, uno dei suoi affluenti, è stato quasi totalmente fermato. Al momento nel Po "non ci sono tracce preoccupanti di idrocarburi". Ad assicurarlo è la Guardia costiera a conclusione dell'attività di monitoraggio sul fiume compiuta dal velivolo della Guardia costiera ATR 42 "Manta". "Ciò nonostante - spiega una nota - permane lo stato d'allerta dei mezzi navali della Guardia costiera dislocati alla foce del fiume, un pattugliatore e due motovedette, attrezzati con mezzi antinquinamento, pronti ad intervenire".

Una notizia confermata anche dalle analisi della Protezione civile. I riscontri incrociati delle analisi di sei Arpa provinciali appartenenti a tre regioni diverse "non hanno evidenziato lungo il Po valori da inquinamento di idrocarburi a valle dell'Isola Serafini a Piacenza e della barriera di Polesella". Lo ha reso noto il direttore della sezione Rischi Nazionali della Protezione civile, Nicola Dell'Acqua, al termine della riunione dell'Unità di Crisi, di cui è coordinatore. Pressoché la totalità della parte solida dell'ondata di idrocarburi transitata dal Lambro al Po è stata quindi effettivamente fermata dallo sbarramento di isola Serafini nel Piacentino.

IN AZIONE GLI SCIACALLI - Ma se l'allarme idrocarburi sembra rientrato vi sono ancora problemi per alcuni comuni vicini al fiume come Porto Tolle e Adria dove i sindaci hanno vietato l'utilizzo dell'acqua del rubinetto per scopi potabili e alimentari a causa di un inquinamento da 1.2 dicloroetano. Approfittando del velo oleoso provocato dagli idrocarburi che non permetteva di far vedere immediatamente l'ingresso in acqua delle sostanze inquinanti infatti alcuni criminali hanno provveduto a versare nel Po l'1,2 dicloroetano. Quest'ultimo conosciuto anche come cloruro di etilene è un composto cancerogeno, molto infiammabile, nocivo ed irritante per le vie respiratorie. Il suo principale utilizzo è come intermedio nella sintesi del cloruro di vinile , a sua volta precursore del Pvc (il polivinilcloruro, che è una delle materie plastiche di maggior consumo al mondo), ma è anche usato come agente sgrassante e diluente per vernici. "Il danno alle popolazioni deltizie, alle attività produttive e alla natura rischia così di essere veramente grave e inaccettabile – ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente del WWF Italia – Chiediamo che tutte le istituzioni preposte sul territorio e in particolare Regioni e Province, avviino controlli urgenti su tutte le possibili situazioni a ‘rischio scarico’ lungo il Lambro, il Po e i suoi principali rami".

GALAN - Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan: "Stiano tranquilli che saranno scoperti coloro che hanno approfittato dell'emergenza idrocarburi nel Po per liberarsi di altre sostanze inquinanti" Il governatore del Veneto non ha dubbi sulle cause del nuovo allarme inquinamento affiorato sul Po polesano: "i dicloroetani non c'entrano con gli idrocarburi - sottolinea Galan - è evidente che qualche sciacallo ne ha approfittato. Ma fin dal primo momento di questa emergenza la Protezione Civile ha attivato voli per acquisire foto aeree e consentire analisi agli infrarossi. Sarà quindi possibile risalire ai punti di immissione in Po dei dicloroetani e ricercare i responsabili, che saranno senz'atro trovati".

Redazione online

01 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Ambiente - Formigoni: pronti 20 milioni per il Lambro

La macchia di gasolio dal Po arriva

al mare. Porto Tolle vieta l’acqua

Il Comune: trovati cancerogeni

Ambiente - Formigoni: pronti 20 milioni per il Lambro

La macchia di gasolio dal Po arriva

al mare. Porto Tolle vieta l’acqua

Il Comune: trovati cancerogeni

GORO (Ferrara)—È arrivata esausta, diluita, sfiancata dall’azione di contenimento dell’uomo. Ma è arrivata la macchia d’olio. Là dove si sperava non arrivasse. In Adriatico. Scendendo lungo il Po di Goro, ramo minore del Grande Fiume. Nonostante lo sbarramento allestito a Papozze, dove il Po si biforca ed entra nel Delta. Nonostante i battelli mangia- petrolio dotati di aspiratori (gli skimmer). È arrivata, si potrebbe dire, quasi in incognito: "La presenza di idrocarburi non è visibile—afferma Demetrio Egidi, direttore della Protezione civile dell’Emilia-Romagna —, si nota però la pellicola d’olio". A Goro e a Gorino, santuari della coltivazione di vongole e cozze, quel tipico odore di nafta, che lungo il Po in tanti purtroppo hanno imparato a riconoscere, ha cominciato a diffondersi nell’aria a metà pomeriggio.

"Tanfo da idrocarburi—conferma il comandante della polizia provinciale di Ferrara, Claudio Castagnoli — e una patina di olio sull’acqua". Piccole quantità, "che non preoccupano ", sottolinea la Protezione civile. Ma ieri sera il comune di Porto Tolle ha vietato il prelievo di acqua dal Po dopo che l’Arpav ha riscontrato la presenza di cloruro di etilene, una sostanza ritenuta canceroga, la cui presenza potrebbe essere riconducibile all’inquinamento partito dal Lambro.

La gente del Delta è in ansia: "Non ho motivo di dubitare delle rassicurazioni di Bertolaso — afferma Vincenzo Soncini, sindaco di Goro (4.000 abitanti, di cui il 90 per cento lavora nel settore della pesca e delle vongole) —, ma se nella nostra sacca dovesse arrivare anche solo una piccola parte dei veleni del Lambro, sarebbe un disastro, il paese andrebbe alla morte".

Molto è stato fatto in questi giorni contro l’onda nera. Solo all’Isola Serafini, ricorda il capo della Protezione emiliana, Egidi, "sono state raccolte 350 tonnellate di idrocarburi". "Non ci sono rischi" per l’acquedotto di Ferrara dove "la concentrazione di idrocarburi è nettamente inferiore ad un milligrammo per litro, considerato il limite di accettabilità". E dove non è arrivato l’uomo, ci ha pensato il Grande Fiume: "Da Piacenza a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, la portata del Po è raddoppiata e questo ha consentito una maggiore diluizione degli idrocarburi ". E pure il sole di sabato ha dato una mano, "facendo evaporare buona parte della macchia" spiega Mariano Carraro della Protezione civile del Veneto. Però, e su questo Egidi è perentorio, "non bisogna abbassare la guardia". Stamattina, alle foci del Po, un’imbarcazione dell’Arpa, la "Dafne", effettuerà una serie di prelievi per quantificare la presenza di idrocarburi, mentre la polizia provinciale terrà monitorata l’Isola dell’Amore, riserva faunistica di inestimabile valore. E il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, in linea con quanto già deciso dal collega emiliano, Vasco Errani, ha annunciato che si costituirà parte civile "per i danni che ha causato o causerà il gravissimo inquinamento del Po".

I punti critici, ora, sono due. Uno è a nord, sopra l’Isola Serafini, in pratica nel Lambro, dove, come ha spiegato Nicola Dell’Acqua, coordinatore dell’unità di crisi, "si è cominciato a ripulire le sponde dal catrame, anche se si renderà poi necessaria una bonifica più completa". Per il fiume il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ha anche annunciato un primo stanziamento di 20 milioni di euro. L’altra area sotto osservazione è, ovviamente, il Delta. Le prime valutazioni da parte di Legambiente sono incoraggianti: "Non si registrano danni agli uccelli o morie di pesci, e già questo è fondamentale— afferma Marino Rizzati, responsabile per il Po ferrarese —. Vongole e cozze? Per quelle bisognerà attendere 15-20 giorni: molto dipenderà dalle condizioni meteo e dalle correnti...". Oggi, come da secoli, a Goro i pescatori andranno per mare: e saranno loro le migliori sentinelle contro la macchia.

Francesco Alberti

01 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

Ambiente - Formigoni: pronti 20 milioni per il Lambro

La macchia di gasolio dal Po arriva

al mare. Porto Tolle vieta l’acqua

Il Comune: trovati cancerogeni

GORO (Ferrara)—È arrivata esausta, diluita, sfiancata dall’azione di contenimento dell’uomo. Ma è arrivata la macchia d’olio. Là dove si sperava non arrivasse. In Adriatico. Scendendo lungo il Po di Goro, ramo minore del Grande Fiume. Nonostante lo sbarramento allestito a Papozze, dove il Po si biforca ed entra nel Delta. Nonostante i battelli mangia- petrolio dotati di aspiratori (gli skimmer). È arrivata, si potrebbe dire, quasi in incognito: "La presenza di idrocarburi non è visibile—afferma Demetrio Egidi, direttore della Protezione civile dell’Emilia-Romagna —, si nota però la pellicola d’olio". A Goro e a Gorino, santuari della coltivazione di vongole e cozze, quel tipico odore di nafta, che lungo il Po in tanti purtroppo hanno imparato a riconoscere, ha cominciato a diffondersi nell’aria a metà pomeriggio.

"Tanfo da idrocarburi—conferma il comandante della polizia provinciale di Ferrara, Claudio Castagnoli — e una patina di olio sull’acqua". Piccole quantità, "che non preoccupano ", sottolinea la Protezione civile. Ma ieri sera il comune di Porto Tolle ha vietato il prelievo di acqua dal Po dopo che l’Arpav ha riscontrato la presenza di cloruro di etilene, una sostanza ritenuta canceroga, la cui presenza potrebbe essere riconducibile all’inquinamento partito dal Lambro.

La gente del Delta è in ansia: "Non ho motivo di dubitare delle rassicurazioni di Bertolaso — afferma Vincenzo Soncini, sindaco di Goro (4.000 abitanti, di cui il 90 per cento lavora nel settore della pesca e delle vongole) —, ma se nella nostra sacca dovesse arrivare anche solo una piccola parte dei veleni del Lambro, sarebbe un disastro, il paese andrebbe alla morte".

Molto è stato fatto in questi giorni contro l’onda nera. Solo all’Isola Serafini, ricorda il capo della Protezione emiliana, Egidi, "sono state raccolte 350 tonnellate di idrocarburi". "Non ci sono rischi" per l’acquedotto di Ferrara dove "la concentrazione di idrocarburi è nettamente inferiore ad un milligrammo per litro, considerato il limite di accettabilità". E dove non è arrivato l’uomo, ci ha pensato il Grande Fiume: "Da Piacenza a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, la portata del Po è raddoppiata e questo ha consentito una maggiore diluizione degli idrocarburi ". E pure il sole di sabato ha dato una mano, "facendo evaporare buona parte della macchia" spiega Mariano Carraro della Protezione civile del Veneto. Però, e su questo Egidi è perentorio, "non bisogna abbassare la guardia". Stamattina, alle foci del Po, un’imbarcazione dell’Arpa, la "Dafne", effettuerà una serie di prelievi per quantificare la presenza di idrocarburi, mentre la polizia provinciale terrà monitorata l’Isola dell’Amore, riserva faunistica di inestimabile valore. E il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, in linea con quanto già deciso dal collega emiliano, Vasco Errani, ha annunciato che si costituirà parte civile "per i danni che ha causato o causerà il gravissimo inquinamento del Po".

I punti critici, ora, sono due. Uno è a nord, sopra l’Isola Serafini, in pratica nel Lambro, dove, come ha spiegato Nicola Dell’Acqua, coordinatore dell’unità di crisi, "si è cominciato a ripulire le sponde dal catrame, anche se si renderà poi necessaria una bonifica più completa". Per il fiume il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ha anche annunciato un primo stanziamento di 20 milioni di euro. L’altra area sotto osservazione è, ovviamente, il Delta. Le prime valutazioni da parte di Legambiente sono incoraggianti: "Non si registrano danni agli uccelli o morie di pesci, e già questo è fondamentale— afferma Marino Rizzati, responsabile per il Po ferrarese —. Vongole e cozze? Per quelle bisognerà attendere 15-20 giorni: molto dipenderà dalle condizioni meteo e dalle correnti...". Oggi, come da secoli, a Goro i pescatori andranno per mare: e saranno loro le migliori sentinelle contro la macchia.

Francesco Alberti

01 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

 

2010-02-27

Il presidente della Lombardia: "Cause poco chiare, chiedo pene esemplari"

Bertolaso: "Il Lambro? Va meglio"

Formigoni: "Come l'attentato a Firenze"

La barriera di Isola Serafini ha fermato gran parte della massa oleosa: "Può essere sfuggito il 10 per cento"

PIACENZA - La situazione della marea nera che dal Lambro è giunta al Po "è molto migliorata". Lo ha assicurato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, giunto a Piacenza per un incontro in prefettura. Alle 16 è previsto un altro incontro nella prefettura a Milano con le autorità lombarde. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha paragonato lo sversamento di oli combustibili nel Lambro all'attentato compiuto dalla mafia nel maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze, presso il museo degli Uffizi, e ha chiesto "pene esemplari" per i responsabili. Formigoni ha ribadito che ha ribadito che si è trattato di un atto "non solo doloso, ma di ecoterrorismo e di odio nei confronti della nostra gente e del territorio". Sui ritardi nel lanciare l'allarme ha chiesto che siano "individuate le cause di quanto accaduto perché non appaiono chiare". Poi la conferma che la Regione Lombardia denuncerà la "lombarda Petrolo", l'azienda dai cui depositi sono state sversate le tonnellate di petroluio finite nel Lambro: "L'Arpa su incarico di Regione Lombardia sta mettendo a punto la denuncia alla Procura della Repubblica di Monza della Lombarda Petroli per gravi inadempienze. E' un atto grave, ci sono state mani esperte, molto esperte, che hanno voluto arrecare danno".

SITUAZIONE - "Abbiamo continuato il monitoraggio durante tutta la notte e abbiamo potuto verificare che dal Lambro non arriva quasi più nulla", ha detto Bertolaso. "Tutta la massa oleosa che è stata rilasciata è ora sotto controllo, nel senso che nel Lambro dovremo semplicemente fare un intervento importante di bonifica. Adesso raccoglieremo ciò che è stato ben contenuto dalla barriera di Isola Serafini. Credo che al massimo sia sfuggito da questa barriera tra il 5 e il 10 per cento della massa complessiva", ha detto Bertolaso. Un dato che equivale quindi a 125-250 metri cubi, pari a 125-250 mila litri che sarebbero passati attraverso le barriere di Isola Serafini e avrebbero raggiunto il Po se il dato iniziale di 10 milioni di litri sversati è corretto, ma qui le cifre divergono tra le varie fonti. Altre due barriere sono state realizzate a Roncarolo e Ponte San Nazzaro per impedire che la massa oleosa arrivi alle foci del Po e si scarichi in Adriatico con gravi conseguenza all'ambiente e alle attività economiche. Due imbarcazione dell'Agenzia interregionale per il Po sono state già dislocate tra Ferrara e Rovigo, dove stanno arrivando le prime chiazze oleose. È di 1.650 tonnellate il materiale già recuperato e avviato allo smaltimento. "Per quello che riguarda il delta, dove c'è l'ecosistema più delicato, al momento siamo tranquilli in virtù di tutto quello che è stato predisposto a monte", ha concluso il capo della Protezione civile.

MIASMI - L'onda nera, lunga circa 50 chilometri e spessa 10-15 centimetri, impiega 12-13 ore per passare in un tratto di fiume. Il nauseante odore che accompagna la marea nera dal tardo pomeriggio di giovedì ha iniziato ad ammorbare le rive del Po in provincia di Parma. L'attenzione della protezione civile in queste ore è quello di preservare le sponde dall'onda nera. "Il primo compito in questo momento è evitare la contaminazione delle rive", ha spiegato l'assessore provinciale alla Protezione civile, Gabriele Ferrari. "Ci stiamo attivando per posizionare le barriere di difesa in grado di assorbire il petrolio prima che si depositi su argini e terreni". I Comuni rivieraschi della provincia di Parma hanno vietato il prelievo di acqua superficiale dal Po e dagli irrigui. Massima attenzione anche nei pozzi privati e divieto assoluto di pesca. Il Comune di Piacenza in una nota ha chiarito che l'acqua potabile si può bere senza problemi. "Il nostro reticolo idraulico è separato nei punti di prelievo dal Po e non c'è rischio di eventuali ingressi di acque contaminate", ha spiegato Claudio Negrini, direttore del Consorzio di bonifica Burana, i cui canali interessano le province di Mantova, Modena e Ferrara. "Gli ecosistemi che si formano attorno ai nostri canali non verranno pregiudicati da questo disastro".

Redazione online

26 febbraio 2010(ultima modifica: 27 febbraio 2010)

 

 

 

 

e manzato chiede lo stato di emergenza

Due barriere sul Po non reggono

Nuova difesa a Polesella

Gli sbarramenti di Calto e Guarda Veneta spazzati dalla corrente. Cresce il pericolo d'inquinamento, altri due sbarramenti prima del Delta

Lo sbarramento a Guarda Veneta ha ceduto: riposizionamento d'emergenza delle barriere sul Po (Luca Biasioli)

Lo sbarramento a Guarda Veneta ha ceduto: riposizionamento d'emergenza delle barriere sul Po (Luca Biasioli)

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Onda nera, stato di emergenza sul Po

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Una marea nera minaccia Parco e paesi del Po

ROVIGO – Tra le 22 e le 23 di venerdì la corrente del Po ha spazzato via le barriere di contenimento di Calto e Guarda Veneta e, ora più che mai, la marea nera sembra minacciare il Delta. Attorno alle 10 del mattino l'onda, che viaggia con una media di tre chilometri all'ora, si trova all'altezza dei comuni di Gaiba e di Stienta, in provincia di Rovigo. E' attesa per le 12 a Pontelagoscuro, al confine tra la regione Veneto e l'Emilia Romagna. Visto il fallimento delle barriere di Calto e Guarda Veneta, la Protezione civile sta allestendo una barriera a Polesella dove la piena è attesa nel primo pomeriggio. Uno sbarramento era già stato messo in atto a Chiesa di Papozze, poco prima che il Po si ramifichi nel Delta.

DIFFICOLTA' - Le squadre della Protezione civile hanno lavorato fino a tarda sera per posizionare gli sbarramenti di neoprene necessari a creare bacini utili agli skimmer, macchinari in grado di separare la frazione oleosa dall’acqua, per lavorare al meglio. A Calto, tecnici e volontari hanno lavorato per tutto il giorno per posare il serpentone di galleggianti zavorrati, lungo ben seicento metri. Ma la forza dell’acqua ha avuto la meglio sulla forza di volontà, e l’onda di idrocarburi è passata senza trovare ostacoli alla propria corsa. Che la situazione non fosse facile, era stato evidente fin dal pomeriggio: "Stiamo cercando di fare fronte alla situazione – assicurava il coordinatore della squadra, Francesco Pullini – noi non siamo moltissimi, tanto che a darci una mano è sceso anche un team di volontari provenienti da Montecchio Maggiore, contattato dalla Regione".

Al lavoro contro la marea nera

* Campionamenti d'acqua sulle sponde del Po da parte dell'Arpav

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Non è andata meglio a Guarda Veneta, dove l’impegno non è stato meno intenso. Dopo un lungo lavoro di sbanco della golena, resosi necessario per agevolare il passaggio dei mezzi pesanti di soccorso, le squadre hanno iniziato la posa. Già il primo tentativo era andato storto, verso le 17.15, per il cedimento di una fune e per l’insufficienza dei moduli di neoprene a disposizione. Proprio per questo è stato inviato un tir in extremis dal deposito di Malcontenta, per la consegna del materiale mancante. Arrivato l’autoarticolato, gli operatori hanno ricominciato di buona lena sotto la luce delle fotoelettriche, riuscendo finalmente a congiungere le due rive, distanti duecento metri l’una dall’altra. Ma la gioia è durata poco: dopo una decina di minuti la struttura ha ceduto, spazzata via dal turbinio delle acque. "Abbiamo impiegato i migliori materiali, ma non è servito, impiegati addirittura in mare aperto – osserva l’ingegnere Mariano Carraro coordinatore dell’unità di crisi regionale della Protezione civile – questo però non piega la nostra fiducia nell’ottenimento del risultato".

TERZO MURO - Insomma, perse due battaglie, Carraro ancora conta di vincere la guerra contro il mostro nero che sta ferendo il Po. "Al di là del fatto che l’onda è molto diluita, anche grazie ai successi ottenuti nel piacentino – spiega – abbiamo già pronte le contromisure: proseguono i lavori per la barriera di Chiesa di Papozze e provvederemo alla posa di panne di contenimento per chiudere gli imbocchi dei rami minori del fiume, in modo da poterci concentrare sul Po di Venezia. A questo va aggiunto che abbiamo già pronte sulle foci due navi speciali, giunte direttamente da Messina per intervenire in caso di necessità". Nel frattempo gli skimmer lavoreranno comunque, garantendo la pulizia di 80 metri cubi d’acqua l’ora. Certo, poca cosa rispetto alla portata del fiume in questa fase. "La corrente viaggia a 3,3 chilometri orari con una portata tra gli 0,8 e 0,9 metri cubi al secondo – rileva Francesco Bianchini, responsabile dell’ufficio volontariato della Protezione civile veneta – sono condizioni di lavoro molto difficili". Una lettura confermata dal direttore del consorzio di bonifica Delta Po Adige, Lino Tosini: "Il fiume è evidentemente in piena e questo sta rendendo ancora più difficile il contenimento dell’inquinamento da idrocarburi".

BERTOLASO - Intanto, in Veneto dovrebbe arrivare anche il sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, atteso per le 10,30 di sabato. Nel cuore della giornata Bertolaso si era detto convinto che nemmeno una goccia di olio avrebbe intaccato il Delta del Po. "La notizia fondamentale è che la massa oleosa di fatto l’abbiamo fermata a Isola Serafini e adesso ci sono gli skimmer che stanno recuperando la massa a monte della barriera della diga dell’Enel". Queste le parole scambiate da Guido Bertolaso coi giornalisti a Piacenza. "Credo che al massimo - ha aggiunto - sia sfuggito da questa barriera tra il 5 e il 10 per cento della massa complessiva, quindi questo è un dato molto significativo".

STATO DI EMERGENZA - Al netto delle rassicurazioni, la politica veneta mette le mani avanti. "Siamo di fronte a un fatto gravissimo, sia a livello ambientale sia per il sistema turistico del Veneto: l’allarme sul rischio che l’onda di idrocarburi arrivi nel territorio regionale è altissimo". Lo sottolinea il vicepresidente del veneto e assessore al turismo Franco Manzato. "Il rischio che la chiazza oleosa raggiunga il Delta del Po per riversarsi poi nel nostro mare - sottolinea - ci spinge a chiedere lo stato di emergenza". L’assessore veneto è convinto che "i danni che questo disastro epocale potrebbero causare al turismo del Veneto sono elevatissimi". I litorali della regione si preparano ad aprire la stagione e i turisti si stanno attivando con le prenotazioni per soggiornare sulle nostre spiagge: "è impensabile - secondo Manzato - che ci si possa presentare sul mercato con questa ombra". Per l’assessore veneto, "è indispensabile che si arrivi ad un accordo tempestivo e efficace con la Lombardia affinchè si riesca a bloccare definitivamente il corso dell’onda. La Lombardia ha fallito, ma ora si deve lavorare in sinergia".

L'ECOSISTEMA DEL DELTA - Ma gli idrocarburi presenti nel Lambro e nel Po possono inquinare le falde acquifere? "Al momento non risulta", la risposta ancora Bertolaso da Piacenza. "Le Arpa di Emilia, Lombardia e Veneto tengono la situazione sotto controllo facendo continue analisi delle acque - ha aggiunto - Mi riferiranno, ma finora non ho avuto segnali allarmanti e questa è un’altra buona notizia". Il capo della Protezione civile ha pure reso noto che sono stati individuati siti di stoccaggio del materiale inquinante. "Ne abbiamo individuati alcuni giovedì sera - a Ravenna, Cremona e Piacenza - e questo ci ha consentito durante la notte e questa mattina di portare via quello che è stato aspirato". Quanto al danno subito dall’ecosistema fluviale, il sottosegretario ha sottolineato che questo "avrà avuto sicuramente qualche problema, soprattutto lungo il Lambro, sul Po è interessata soprattutto l’area di Piacenza. Ho detto fin da giovedì che le autorità piacentine sono quelle che si sono sobbarcate il peso maggiore di questa situazione, ma è ovvio che poi si farà tutta quella bonifica che serve per scongiurare più gravi conseguenze".

Nicola Chiarini

26 febbraio 2010(ultima modifica: 27 febbraio 2010)

 

 

 

2010-02-26

E manzato chiede lo stato di emergenza

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TERZO MURO - Insomma, perse due battaglie, Carraro ancora conta di vincere la guerra contro il mostro nero che sta ferendo il Po. "Al di là del fatto che l’onda è molto diluita, anche grazie ai successi ottenuti nel piacentino – spiega – abbiamo già pronte le contromisure: proseguono i lavori per la barriera di Chiesa di Papozze e provvederemo alla posa di panne di contenimento per chiudere gli imbocchi dei rami minori del fiume, in modo da poterci concentrare sul Po di Venezia. A questo va aggiunto che abbiamo già pronte sulle foci due navi speciali, giunte direttamente da Messina per intervenire in caso di necessità". Nel frattempo gli skimmer lavoreranno comunque, garantendo la pulizia di 80 metri cubi d’acqua l’ora. Certo, poca cosa rispetto alla portata del fiume in questa fase. "La corrente viaggia a 3,3 chilometri orari con una portata tra gli 0,8 e 0,9 metri cubi al secondo – rileva Francesco Bianchini, responsabile dell’ufficio volontariato della Protezione civile veneta – sono condizioni di lavoro molto difficili". Una lettura confermata dal direttore del consorzio di bonifica Delta Po Adige, Lino Tosini: "Il fiume è evidentemente in piena e questo sta rendendo ancora più difficile il contenimento dell’inquinamento da idrocarburi".

BERTOLASO - Intanto, in Veneto dovrebbe arrivare anche il sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, atteso per le 10,30 di sabato. Nel cuore della giornata Bertolaso si era detto convinto che nemmeno una goccia di olio avrebbe intaccato il Delta del Po. "La notizia fondamentale è che la massa oleosa di fatto l’abbiamo fermata a Isola Serafini e adesso ci sono gli skimmer che stanno recuperando la massa a monte della barriera della diga dell’Enel". Queste le parole scambiate da Guido Bertolaso coi giornalisti a Piacenza. "Credo che al massimo - ha aggiunto - sia sfuggito da questa barriera tra il 5 e il 10 per cento della massa complessiva, quindi questo è un dato molto significativo".

STATO DI EMERGENZA - Al netto delle rassicurazioni, la politica veneta mette le mani avanti. "Siamo di fronte a un fatto gravissimo, sia a livello ambientale sia per il sistema turistico del Veneto: l’allarme sul rischio che l’onda di idrocarburi arrivi nel territorio regionale è altissimo". Lo sottolinea il vicepresidente del veneto e assessore al turismo Franco Manzato. "Il rischio che la chiazza oleosa raggiunga il Delta del Po per riversarsi poi nel nostro mare - sottolinea - ci spinge a chiedere lo stato di emergenza". L’assessore veneto è convinto che "i danni che questo disastro epocale potrebbero causare al turismo del Veneto sono elevatissimi". I litorali della regione si preparano ad aprire la stagione e i turisti si stanno attivando con le prenotazioni per soggiornare sulle nostre spiagge: "è impensabile - secondo Manzato - che ci si possa presentare sul mercato con questa ombra". Per l’assessore veneto, "è indispensabile che si arrivi ad un accordo tempestivo e efficace con la Lombardia affinchè si riesca a bloccare definitivamente il corso dell’onda. La Lombardia ha fallito, ma ora si deve lavorare in sinergia".

L'ECOSISTEMA DEL DELTA - Ma gli idrocarburi presenti nel Lambro e nel Po possono inquinare le falde acquifere? "Al momento non risulta", la risposta ancora Bertolaso da Piacenza. "Le Arpa di Emilia, Lombardia e Veneto tengono la situazione sotto controllo facendo continue analisi delle acque - ha aggiunto - Mi riferiranno, ma finora non ho avuto segnali allarmanti e questa è un’altra buona notizia". Il capo della Protezione civile ha pure reso noto che sono stati individuati siti di stoccaggio del materiale inquinante. "Ne abbiamo individuati alcuni giovedì sera - a Ravenna, Cremona e Piacenza - e questo ci ha consentito durante la notte e questa mattina di portare via quello che è stato aspirato". Quanto al danno subito dall’ecosistema fluviale, il sottosegretario ha sottolineato che questo "avrà avuto sicuramente qualche problema, soprattutto lungo il Lambro, sul Po è interessata soprattutto l’area di Piacenza. Ho detto fin da giovedì che le autorità piacentine sono quelle che si sono sobbarcate il peso maggiore di questa situazione, ma è ovvio che poi si farà tutta quella bonifica che serve per scongiurare più gravi conseguenze".

26 febbraio 2010

 

 

 

Il presidente della Lombardia: "Cause poco chiare, chiedo pene esemplari"

Bertolaso: "Il Lambro? Va meglio"

Formigoni: "Come l'attentato a Firenze"

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Le barriere a Isola Serafini (Ansa)

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PIACENZA - La situazione della marea nera che dal Lambro è giunta al Po "è molto migliorata". Lo ha assicurato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, giunto a Piacenza per un incontro in prefettura. Alle 16 è previsto un altro incontro nella prefettura a Milano con le autorità lombarde. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha paragonato lo sversamento di oli combustibili nel Lambro all'attentato compiuto dalla mafia nel maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze, presso il museo degli Uffizi, e ha chiesto "pene esemplari" per i responsabili. Formigoni ha ribadito che ha ribadito che si è trattato di un atto "non solo doloso, ma di ecoterrorismo e di odio nei confronti della nostra gente e del territorio". Sui ritardi nel lanciare l'allarme ha chiesto che siano "individuate le cause di quanto accaduto perché non appaiono chiare". Poi la conferma che la Regione Lombardia denuncerà la "lombarda Petrolo", l'azienda dai cui depositi sono state sversate le tonnellate di petroluio finite nel Lambro: "L'Arpa su incarico di Regione Lombardia sta mettendo a punto la denuncia alla Procura della Repubblica di Monza della Lombarda Petroli per gravi inadempienze. E' un atto grave, ci sono state mani esperte, molto esperte, che hanno voluto arrecare danno".

SITUAZIONE - "Abbiamo continuato il monitoraggio durante tutta la notte e abbiamo potuto verificare che dal Lambro non arriva quasi più nulla", ha detto Bertolaso. "Tutta la massa oleosa che è stata rilasciata è ora sotto controllo, nel senso che nel Lambro dovremo semplicemente fare un intervento importante di bonifica. Adesso raccoglieremo ciò che è stato ben contenuto dalla barriera di Isola Serafini. Credo che al massimo sia sfuggito da questa barriera tra il 5 e il 10 per cento della massa complessiva", ha detto Bertolaso. Un dato che equivale quindi a 125-250 metri cubi, pari a 125-250 mila litri che sarebbero passati attraverso le barriere di Isola Serafini e avrebbero raggiunto il Po se il dato iniziale di 10 milioni di litri sversati è corretto, ma qui le cifre divergono tra le varie fonti. Altre due barriere sono state realizzate a Roncarolo e Ponte San Nazzaro per impedire che la massa oleosa arrivi alle foci del Po e si scarichi in Adriatico con gravi conseguenza all'ambiente e alle attività economiche. Due imbarcazione dell'Agenzia interregionale per il Po sono state già dislocate tra Ferrara e Rovigo, dove stanno arrivando le prime chiazze oleose. È di 1.650 tonnellate il materiale già recuperato e avviato allo smaltimento. "Per quello che riguarda il delta, dove c'è l'ecosistema più delicato, al momento siamo tranquilli in virtù di tutto quello che è stato predisposto a monte", ha concluso il capo della Protezione civile.

MIASMI - L'onda nera, lunga circa 50 chilometri e spessa 10-15 centimetri, impiega 12-13 ore per passare in un tratto di fiume. Il nauseante odore che accompagna la marea nera dal tardo pomeriggio di giovedì ha iniziato ad ammorbare le rive del Po in provincia di Parma. L'attenzione della protezione civile in queste ore è quello di preservare le sponde dall'onda nera. "Il primo compito in questo momento è evitare la contaminazione delle rive", ha spiegato l'assessore provinciale alla Protezione civile, Gabriele Ferrari. "Ci stiamo attivando per posizionare le barriere di difesa in grado di assorbire il petrolio prima che si depositi su argini e terreni". I Comuni rivieraschi della provincia di Parma hanno vietato il prelievo di acqua superficiale dal Po e dagli irrigui. Massima attenzione anche nei pozzi privati e divieto assoluto di pesca. Il Comune di Piacenza in una nota ha chiarito che l'acqua potabile si può bere senza problemi. "Il nostro reticolo idraulico è separato nei punti di prelievo dal Po e non c'è rischio di eventuali ingressi di acque contaminate", ha spiegato Claudio Negrini, direttore del Consorzio di bonifica Burana, i cui canali interessano le province di Mantova, Modena e Ferrara. "Gli ecosistemi che si formano attorno ai nostri canali non verranno pregiudicati da questo disastro".

Redazione online

26 febbraio 2010(ultima modifica: 27 febbraio 2010)

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-03-01

 

 

 

 

 

 

 

2010-02-27

Veleno e cemento oltraggiano acque millenarie

Sindaci e ambientalisti sono in allarme

Il padre Po avvelenato dai figli

in 5 anni l'inquinamento è triplicato

di GIORGIO BOCCA

Il padre Po avvelenato dai figli in 5 anni l'inquinamento è triplicato

IL LAMBRO avvelenato, che minaccia di avvelenare il Po è l'ultima delle devastazioni compiute dal partito del fare e del non ragionare. Il Piemonte è "il padre di tutte le inondazioni", i suoi fiumi non tengono più, non regolano più. Contadini, industrie e cavatori hanno chiesto all'alto corso del Po più del ragionevole.

Hanno preso i suoi valligiani per farne dei manovali, le sue acque per derivazioni che in certi tratti, d'inverno, asciugano il fiume che è tanto più pericoloso quanto più è in magra. Tra Casalgrasso e Moncalieri, c'è il "materasso alluvionale" più profondo e più pregiato d'Europa. Ghiaie e sabbie depositatesi nei millenni per una profondità che arriva ai duecento metri, materiali di corso alto dunque puri e pregiati. Ogni tanto, dove il bosco fluviale s'interrompe, sembra di essere sul Canale di Suez dove passa fra alte dune sabbiose. Sono le colline di sabbia delle cave per cui si muovono come insetti mostruosi i camion giganti. Ricordano la confusione e il fervore dantesco dell'"arsenal dei viniziani", gru alte cinquanta metri, scavatrici mostruose, baracche e la pozza d'acqua della cava, delle voragini profonde fino a duecento metri, a centinaia in un territorio che dall'alto sembra un groviera con il rischio che le acque del fiume sfondino le paratie di terra e si uniscano alle acque delle cave con un caos idrologico imprevedibile.

Il rischio è grande, ma cosa è il rischio per i contemporanei? Gli esperti del Progetto Po ci perdono la testa, ma per i due milioni di Torino e dintorni è una cosa inesistente. Eppure le acque delle cave inquinatissime potrebbero penetrare nella falda acquifera che fornisce il settanta per cento dei consumi della metropoli. La grande difesa in superficie del depuratore del Po Sangone, il più grande e pare l'unico da qui al delta, potrebbe essere sottopassato. Ma che sanno i nostri governanti di questi rischi? Poi le genti del fiume Po hanno perpetrato il misfatto di rifiutare, di sabotare la navigazione commerciale del fiume. Ogni giorno arriva nel porto fluviale di Cremona una nave da carico. Potrebbero essere trenta, cinquanta se Cremona fosse collegata all'area di Milano, dove si concentra la metà della produzione industriale italiana, ma gli agrari si oppongono. Quanti sono? Forse cinquecento proprietari fra grandi e piccoli fra Pizzighettone e Crema. Più forti dei quattro milioni di abitanti della grande Milano e pronti a tutto. Il teorema degli agrari è il seguente: il canale è inutile perché il Po non è veramente navigabile: fondali bassi, nebbie, due periodi di magra. Non è vero, il professor Della Luna, un grande esperto del Po dice: "I giorni in cui il Po da Cremona al mare ha un fondale di due metri e cinquanta, due metri e ottanta sono duecentosessantanove, sui due metri trecentodiciassette. I fondali sui due metri e ottanta saranno necessari quando useremo le navi fluvio-marine lunghe centocinque metri e larghe undici e cinquanta, navi da duemila tonnellate, ma con le navi di oggi i fondali medi sono sufficienti. Quelli del Reno, che è la più grande via d'acqua d'Europa, sono analoghi". Credo che il professore, che è fra i progettisti del canale dica una cosa vera: il Po è il più navigabile fiume d'Europa e il meno navigato. Cremona è a trenta metri di altezza sul livello del mare mentre il Rodano a Lione a centosessanta. Il dislivello tra Cremona e Milano è di cinquanta metri, e il canale tedesco tra il Meno e il Danubio ha superato una quota di quattrocentosei metri. I francesi vogliono collegare con un canale Parigi a Lilla, ci sono due progetti ed è in corso una lotta aspra fra i sindaci dei due tracciati che se lo contendono. Qui i venti sindaci fra Pizzighettone e Milano sono tutti fortemente ostili. Perché? Perché i lombardi hanno perso il gusto per l'intrapresa e sono allineati sulla linea conservatrice di "sfruttiamo l'esistente".

 

Ma cosa è questo esistente? È un sistema di trasporto su strada prossimo a scoppiare anzi già scoppiato. Nonostante la terza corsia, la autostrada Milano-Bologna, è già un fiume rombante di camion che non possono, come un fiume vero, "esondare" in lanche o golene. E siccome il piano Delors prevede nel decennio un raddoppio del traffico o si usano anche le vie di acqua o si va verso una cementificazione folle. Nella metropoli milanese vivono quattro milioni di persone e ognuna di esse ha bisogno di un trasporto di materiali solidi di tre metri cubi: cifre terrificanti. Il Po è un fiume di rare piene ma disastrose, nel '51 e nel '94 ha inondato intere province. Ma per la navigazione è un fiume placido, riceve gli ultimi dei suoi trenta grossi affluenti, il Mincio e il Panaro a 160, 140 chilometri dalla foce, diciamo una portata costante con variazioni regolari, ma dei grandi fiumi europei è il meno usato, quattrocentomila tonnellate di merce contro milioni.

Il Po è il grande padre avvelenato dai suoi figli. "Spero di morire prima di veder morto il Po" si legge in uno degli ultimi scritti di Riccardo Bacchelli. L'agonia è stata, per un fiume millenario, rapida, quindici anni fa il Po era ancora un Nilo, invadeva secondo le stagioni le terre di golena e le fecondava, dico le terre comprese fra gli argini di maestra, alti, possenti, rinforzati ogni anno e gli argini di ripa, pian piano invase dai coltivatori padani che vi hanno costruito le loro case le loro "grange" o piccoli borghi mettendo nel conto che ogni tanti anni, magari cinquanta, magari dieci il fiume dà e toglie, arricchisce e impoverisce. Gente di Po, comunque, incapace di abbandonare il suo fiume, la sua storia. Ora dopo una esondazione - sono belli i nomi fluviali - restano sul terreno chiazze di olio, macchie calcinate di residui chimici. "Solo pochi anni fa - mi dice un uomo del fiume - andare per i pioppeti inondati era stupendo, si passava in barchino tra i filari nella luce ombra della piantagione, più che una violenza era una silente, pacifica comunione di acque e di piante. Ora, appesi ai rami più bassi, trovi i sacchetti di plastica, i nastri di plastica e sembra di stare in un film dell'orrore, ti aspetti che compaiano mostri esangui". Ma anche i pallidi eleganti pioppi hanno la loro parte nel disastro del Po. Li hanno piantati fino alla riva del fiume e non sono alberi che rafforzano l'argine, non si piegano all'onda come i canneti o i salici, non hanno radici forti come gli ontani, sono piante di poche radici sradicabili, per proteggerli si è imprigionato il fiume nei cassoni dei "bolognini" o delle prismate, difese dure che fanno impazzire la corrente. E inquinano, i tronchi sono cosparsi di insetticidi, la chimica arriva nel terreno, bisognerebbe arretrarli di almeno cento metri ma quel che è fatto è fatto, la barriera verde sta sulle rive. L'agonia per un fiume millenario che non era mai sostanzialmente cambiato è stata rapida, questione di venti, di quindici anni. Non molto tempo fa i pescatori si facevano la minestra con l'acqua del fiume prendevano l'acqua con la loro tazza di legno per berla. Ora non se la sentono più di entrarci a gambe nude, si proteggono con stivaloni e tute. L'inquinamento è salito negli ultimi cinque anni dai 14 milligrammi per litro ai 50. Pochi anni fa la gente del Po anche benestante faceva le vacanze sul fiume, preferiva i suoi ghiaioni alle spiagge affollate di Viareggio o di Rimini, conosceva gli accessi, sapeva tagliare le frasche con cui fare dei ripari al sole, non sentiva come Gioan Brera nessun complesso edipico verso il padre fiume feroce "rombante nelle notti di piena" semmai, adesso, il complesso è verso il padre sporco. Le società fluviali avevano nomi diversi ma sempre abbinati a "canottieri" e il legame è così antico che anche se ci si bagna in piscina in club aperti di recente a quindici chilometri dal fiume sempre canottieri sono.

Ha scritto uno studioso del fiume, Piero Bevilacqua: "Nella cultura dello sviluppo padano ci si è mossi verso l'ambiente come in una realtà da dominare, da schiacciare". Che il Po fosse il sistema nervoso di questa grande valle, il punto di riferimento, di identità, quello che dava una misura precisa alla nostra vita non ha avuto alcuna importanza: era solo un canale di scarico, un luogo per estrazioni di sabbia e allevamenti di maiali. Non si è più distinto fra rischi accettabili e rischi mortali, fra i rischi normali di un fiume e la sua uccisione; non si è più distinto fra convivenza accettabile e convivenza distruttiva. E così si è arrivati all'assurdo che per la manutenzione normale del fiume si sono spesi in sei anni settecento miliardi e per pagare i danni della piena del Tanaro diecimila. Che per l'auto ogni persona spende tre milioni l'anno ma tutti assieme i lombardi non sono stati capaci di bonificare la zona del Lambro, non se ne è fatto niente perché l'acqua del Lambro e dei pozzi è strumento di potere politico che i sindaci e i partiti non vogliono mollare. I soldi per la variante di valico dell'autostrada Bologna-Firenze li troveremo, ma quelli per collegare le vie d'acqua del Veneto e andare dal Po a Ravenna chi sa quando. Eppure sono ottimista, ho partecipato quest'anno a un convegno sul Po, c'erano quattrocento amministratori, tecnici, studiosi del fiume. Molti non si erano mai incontrati prima, eppure c'era un sentire comune: il governo civile del Po, il recupero del Po devono diventare senso comune, devono formare un nuovo pensiero sociale che riprenda il cammino del riformismo del primo Novecento. La secessione non risolve nulla, ci vuole l'autogoverno solidale. Come mai? La società impazzisce ogni tanto.

L'agonia del fiume e anche quella dei suoi pesci, non molti anni fa al mercato di Piacenza vendevano trance di storione di Po oggi se ne trovano ancora, non i giganti di quattro metri di cui Plinio il vecchio per Paduam navigante, seguiva le scie argentee, se ne pescano ancora nelle lanche di acqua tiepida dove vengono a digerire il pasto di carpe e di cavedani ma non superiori ai due metri. Sono scomparse anche le anguille di Ongina dove una ostessa con la faccia di Giuseppe Verdi le friggeva crocchianti e dolci mentre il marito era addetto al taglio perpetuo dei culatelli di Zibello, le cose miracolose che maturano solo all'aria umida del Po come i prosciutti e gli stradivari. Nel fiume si pescano ancora lucci, scardole, cavedani, carpe ma spesso "di gusto avariato". Imperversa il pesce siluro, lo squalo del Po. Venti anni fa non c'era o era rarissimo. Dicono che questo silurus flanis descritto dai naturalisti come "pesce tirannico, crudele vorace" sia arrivato dal Baltico. "C'è una Lombardia - mi dice il dottor Gavioli assessore all'Ambiente della Provincia di Parma - che ha prodotto i grandi costruttori di canali da Leonardo al Filarete e un'altra che ha prodotto Craxi e Formigoni", la Lombardia che ha impiegato venti anni a rendere percorribili le strade per Como e per Lecco, che non è stata capace di bonificare il bacino del Lambro che butta nel Po tutti i suoi rifiuti e veleni, incapace di capire che non ci sono solo gli interessi suoi ma anche quelli dei sedici milioni di italiani che stanno nei settantamila chilometri quadrati del bacino fluviale, nelle terre che Philippe de Commines, al seguito di Carlo VIII di Francia descrisse nel suo diario come "il paese più bello e il più abbondante di Europa". Non è facile capire per quale involuzione dello sviluppo questa Lombardia che scavava i navigli per cui passavano le merci provenienti da Genova e dall'Adriatico fino alla fossa interna milanese dove si legavano a quelli provenienti dall'Europa attraverso i laghi, come mai la Lombardia dei grandi ingegneri idraulici come l'Aristotele Fioravanti e il Bertola da Novate non sia capace oggi di collegare il Po a Milano, non riesca a fare di questo Po cadaverico e puzzolente il fiume della rinascita.

© Riproduzione riservata (27 febbraio 2010)

 

 

 

 

Corsa contro il tempo sul Po

Il fiume ferito dall'onda nera

"Dal Lambro continua a scendere schifezza: da 400 a 600mila litri di chiazza oleosa". "Le barriere non bastano". Ed è polemica sui ritardi e sugli appalti. Bertolaso: "Ce la faremo"dal nostro inviato FABRIZIO RAVELLI

Corsa contro il tempo sul Po Il fiume ferito dall'onda nera

SAN NAZZARO D'ONGINA - "L'hanno fatto apposta a perder tempo, così c'è da spendere un bel pacco di milioni. Bastava bloccare le fogne col cemento, lassù a Villasanta, bastava. Cemento rapido, ostia. Adesso, ciao". Il padrone della trattoria Po ("gnocco fritto e culatello lunedì mercoledì e sabato") è un omino magro, che saltella per l'incazzatura come il cabarettista Cevoli. Pattuglie di pensionati armati di bicicletta sorvegliano dal piazzale. Il fiume puzza e luccica di olio. I vecchi hanno sempre da ridire, si sa. Ma stavolta hanno ragione: s'è perso troppo tempo. Ora si corre dietro la chiazza oleosa, lunga forse 40 chilometri, cercando di fermarla. Spugnandola coi salsicciotti galleggianti. Deviandola con le paratie di plastica.

Eppure Guido Bertolaso, dopo aver sorvolato il fiume, quando arriva in prefettura a Piacenza si mostra ottimista: "Ce la faremo, state tranquilli. Credo che non sia una situazione irreparabile. Credo che nelle prossime 24 ore la gran parte di questa massa oleosa sarà recuperata. Poi, seguendo il corso del fiume, prima che arrivi a Ferrara e prima che arrivi al Delta, saremo in grado di recuperare tutto il resto". Tranquilli: è una parola. Bertolaso accenna vagamente al fatto che, nelle prime ore, la situazione è stata in mano agli enti locali. Tradotto in italiano, è quel che dicono i vecchi col berretto a visiera davanti alla trattoria: s'è perso un sacco di tempo. Più su, al ponte provvisorio di Piacenza, accanto a quello tirato giù dalla piena un anno fa, c'è un livornese indaffaratissimo: "Noo, me lo devi portà, amore. Non lo devi lascià lì, ciccio". Riccardo Figaro, si chiama, della ditta Labromare specializzata in bonifiche ambientali: "Cerchiamo di mettere degli sbarramenti. A monte c'è un continuo rilascio di materiale inquinante".

Vuol dire che dal Lambro continua a scendere schifezza in Po, che lo sbarramento della centrale di San Zenone non ce l'ha fatta, e anche che gli stessi tentativi di fermare la massa oleosa non fermano granché. Qui lavorano militari del genio di Piacenza, funzionari della Protezione civile emiliana, ditte di spurghi, vigili urbani. Un grande andirivieni, guardando la corrente che fila via veloce.

Per ora (sono le tre del pomeriggio) hanno solo tirato un cordone di "panne" galleggianti a proteggere la riva. Sono salsicciotti di plastica spugnosa, che assorbono l'olio. Per piazzare le "panne" rigide, invece, sono guai. La corrente è forte, un primo tentativo è fallito. Ora ci riprovano, studiando dove ancorare i cavi d'acciaio. "Fare una barriera da sponda a sponda è impossibile, il fiume se la porterebbe via". I pannelli rossi e neri sono pronti. "Si mettono in fila - spiega Figaro - E poi si adagiano sull'acqua degli skimmer, che sono dei separatori di olio, e si aspira". Passa il tempo, il fiume corre, la chiazza scende a valle. Ancora ci si deve mettere d'accordo su quanto gasolio (o nafta, oppure olio combustibile, oppure residui di scarto) sia finito nel Lambro. C'è chi dice 8 mila metri cubi. Chi 3.500. Antonio Monni, della Protezione civile emiliana, dice: "Dei circa 5 mila metri cubi di materiale ne abbiamo già recuperati mille". E si dovrà anche trovare un posto dove stoccarli, fra l'altro, sono sostanze a smaltimento controllatissimo. Anche se, pure stavolta, Bertolaso comunica che si dovrà fare "in deroga". E da Roma il ministro Prestigiacomo parla di "attentato alla salute dei cittadini e all'ambiente". Un "atto doloso" per il quale già lunedì il Consiglio dei Ministri potrebbe decidere lo stato di emergenza "stanziando somme ingenti". Da parte sua la procura indaga sul sottobosco degli appalti. Nella zona dalla quale qualcuno ha fatto fuoriuscire il petrolio dovrebbero infatti essere realizzati quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici eco-sostenibili.

Per il momento si lotta contro l'onda nera. Lo sbarramento più serio è poco più giù di San Nazzaro, a Isola Serafini dove c'è la grande centrale idroelettrica. La gran parte della portata del Po finisce alla diga, e un braccio minore sul lato destro finisce in una conca. Nella notte i militari del 2° Genio pontieri di Piacenza hanno fatto quel che potevano: "Lavoriamo da ieri pomeriggio - dice il tenente Pace - E dopo qualche tentativo siamo riusciti a tirare una barriera di panne da una riva all'altra". La barriera di spugne, ormai nere per l'olio che hanno assorbito, è all'altezza del ponte di San Nazzaro. I genieri sono una quarantina, hanno lavorato fino a mezzanotte alla luce delle fotoelettriche. Ma quando la prima barriera di spugne è stata posata, l'onda grossa dell'olio era arrivata da tempo. Spessa anche 15 centimetri, una massa enorme. E qui sulle rive c'è chi bestemmia contro l'Enel, accusata di aver chiuso solo con grande ritardo le condotte superficiali della diga.

Ora l'Enel diffonde comunicati sulla task force di tecnici che ha impegnato nei soccorsi. Di sicuro c'è che, dal ponte fino alla diga di Isola Serafini, il fiume fa veramente pena. C'è una puzza tremenda, contro la riva ondeggia una poltiglia nera unta. C'è una fila di casotti e di barche da pesca, quelle col fondo piatto. Una delle barche si chiama Va Gina, ma il senso dell'umorismo dei fiumaroli oggi è spento: "Ce l'hanno assassinato, il fiume - dice un vecchio col berrettino Grana Padano, che è venuto a controllare la sua rete a bilancia - E chissà quanto tempo ci metteremo per tornare a pescare. E me, poi, di tempo non ne avanza tanto". I genieri con le loro motobarche stanno trainando in mezzo al fiume una paratia rigida gialla: "Abbiamo visto che la porcheria è tutta verso questa riva - spiega Morandi della Protezione civile di Ferrara - Così proviamo a deviarla verso il braccio morto, quello a destra che porta alla conca". Ormai sta venendo buio, la corsa della porcheria continua, e l'inseguimento tardivo pure. "Domani vedremo dove è arrivata".

© Riproduzione riservata (26 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Ambiente

 

 

 

 

 

2010-02-26

Lambro, dietro quel sabotaggio

appalti e un progetto milionario

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell'antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po. La Procura indaga sul sottobosco degli appalti

di Gabriele Cereda

La raffineria della Lombarda Petroli

La raffineria della Lombarda Petroli

È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po.

GUARDA Il rendering del progetto

Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del Noe, il nucleo ecologico dell´Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti.

FOTO La task force al lavoro a Isola Serafini (Piacenza) | L'onda di petrolio nel Po | Il petrolio nel Lambro

La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. Nessun dubbio che si sia trattato di un sabotaggio a cui hanno preso parte almeno tre persone. Per svuotare le cisterne è necessario sbloccare le valvole, attivare nella giusta sequenza tre comandi e attendere che gli idrocarburi vengano aspirati dal fondo e pompati in apposite tubature. Solo a questo punto si possono aprire le ultime paratie che dovrebbero essere collegate ad autobotti. L´amministratore delegato della Lombarda Petroli, Giuseppe Tagliabue, è stato interrogato a lungo. Sarebbero emerse gravi carenze nella sicurezza dell´impianto.

 

Nei prossimi giorni verrà sentita anche la famiglia Addamiano: i fratelli Giosuè, Rosario e Matteo, alla guida del holding Addamiano Engineering di Nova Milanese, fondata negli anni Sessanta. I costruttori si sono presentati ai cancelli della Lombarda Petroli per verificare di persona quanto accaduto sui terreni dove a breve prenderà il via il loro progetto di riqualificazione urbana. L´idea di Ecocity è trasformare l´ex raffineria in una cittadella ecosostenibile. Il masterplan è stato realizzato dall´architetto Massimo Roj in collaborazione con progettisti del Politecnico. La prima parte, 80mila metri quadri dedicati all´industria, è già stata realizzati.

Presto dovrebbe partire l´intervento per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri. Ed entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere per l´edificazione dell´ultima parte, quella direzionale (44mila metri quadri), che si troverebbe proprio dove oggi ci sono le cisterne del deposito carburanti della Lombarda Petroli da cui è uscita la terrificante onda nera che ora avanza lungo il Po. Nel quartiere svetteranno proprio due delle cisterne, simbolo della old economy, reperto di archeologia industriale, che saranno inserite nel nuovo contesto fatto di verde, piazze e piste ciclabili. "È prematuro dire se quanto accaduto rallenterà il nostro lavoro" fanno sapere gli Addamiano. Di certo c´è che questa non è la loro unica opera di lottizzazione di grosse dimensioni.

Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l´Italia di quartieri ecosostenibili, ma in questo momento soffrono di scarsa liquidità come molti imprenditori del settore. Un dato, quest´ultimo, che non è sfuggito agli inquirenti che hanno deciso di compiere una serie di accertamenti proprio in questa direzione. E la pista degli interessi legati al mattone prende corpo anche nelle dichiarazioni del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha dichiarato: "Se la magistratura dovesse individuare nella speculazione edilizia il movente di quest´azione criminalesarebbe necessario porre un vincolo urbanistico su tutte le aree attorno al Lambro".

L´ex raffineria della Lombarda Petroli non è per la verità nelle vicinanze del fiume ferito, ma il sospetto che dietro il sabotaggio alle cisterne ci sia un qualche misterioso interesse legato al futuro di tutta quell´area è la principale pista su cui, per ora, si stanno concentrando procura e carabinieri.

(25 febbraio 2010)

 

 

 

 

Lambro, ecco il progetto per l'area dell'ex raffineria

È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po

Leggi e commenta l'articolo di Gabriele Cereda FOTO L'onda di petrolio nel Po | Il petrolio nel Lambro

[25 febbraio 2010]

VEDI IL PROGETTO CLICCA SU: http://milano.repubblica.it/ multimedia/home/23262366

 

 

Lambro, dietro quel sabotaggio

appalti e un progetto milionario

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell'antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po. La Procura indaga sul sottobosco degli appalti

di Gabriele Cereda

La raffineria della Lombarda Petroli

La raffineria della Lombarda Petroli

È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po.

GUARDA Il rendering del progetto

Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del Noe, il nucleo ecologico dell´Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti.

FOTO La task force al lavoro a Isola Serafini (Piacenza) | L'onda di petrolio nel Po | Il petrolio nel Lambro

La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. Nessun dubbio che si sia trattato di un sabotaggio a cui hanno preso parte almeno tre persone. Per svuotare le cisterne è necessario sbloccare le valvole, attivare nella giusta sequenza tre comandi e attendere che gli idrocarburi vengano aspirati dal fondo e pompati in apposite tubature. Solo a questo punto si possono aprire le ultime paratie che dovrebbero essere collegate ad autobotti. L´amministratore delegato della Lombarda Petroli, Giuseppe Tagliabue, è stato interrogato a lungo. Sarebbero emerse gravi carenze nella sicurezza dell´impianto.

 

Nei prossimi giorni verrà sentita anche la famiglia Addamiano: i fratelli Giosuè, Rosario e Matteo, alla guida del holding Addamiano Engineering di Nova Milanese, fondata negli anni Sessanta. I costruttori si sono presentati ai cancelli della Lombarda Petroli per verificare di persona quanto accaduto sui terreni dove a breve prenderà il via il loro progetto di riqualificazione urbana. L´idea di Ecocity è trasformare l´ex raffineria in una cittadella ecosostenibile. Il masterplan è stato realizzato dall´architetto Massimo Roj in collaborazione con progettisti del Politecnico. La prima parte, 80mila metri quadri dedicati all´industria, è già stata realizzati.

Presto dovrebbe partire l´intervento per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri. Ed entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere per l´edificazione dell´ultima parte, quella direzionale (44mila metri quadri), che si troverebbe proprio dove oggi ci sono le cisterne del deposito carburanti della Lombarda Petroli da cui è uscita la terrificante onda nera che ora avanza lungo il Po. Nel quartiere svetteranno proprio due delle cisterne, simbolo della old economy, reperto di archeologia industriale, che saranno inserite nel nuovo contesto fatto di verde, piazze e piste ciclabili. "È prematuro dire se quanto accaduto rallenterà il nostro lavoro" fanno sapere gli Addamiano. Di certo c´è che questa non è la loro unica opera di lottizzazione di grosse dimensioni.

Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l´Italia di quartieri ecosostenibili, ma in questo momento soffrono di scarsa liquidità come molti imprenditori del settore. Un dato, quest´ultimo, che non è sfuggito agli inquirenti che hanno deciso di compiere una serie di accertamenti proprio in questa direzione. E la pista degli interessi legati al mattone prende corpo anche nelle dichiarazioni del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha dichiarato: "Se la magistratura dovesse individuare nella speculazione edilizia il movente di quest´azione criminalesarebbe necessario porre un vincolo urbanistico su tutte le aree attorno al Lambro".

L´ex raffineria della Lombarda Petroli non è per la verità nelle vicinanze del fiume ferito, ma il sospetto che dietro il sabotaggio alle cisterne ci sia un qualche misterioso interesse legato al futuro di tutta quell´area è la principale pista su cui, per ora, si stanno concentrando procura e carabinieri.

(25 febbraio 2010)

 

 

 

 

Lambro, il mistero di quelle cinque ore

trascorse dal sabotaggio fino all'allarme

La ricostruzione delle comunicazioni la mattina del disastro, mentre la marea nera avanzava verso il Po. Alle 3.30 sono stati aperti i rubinetti, alle 8.30 le prime telefonate. Ma la fuga è stata fermata soltanto a mezzogiorno

di Franco Vanni

La raffineria della Lombarda Petroli

La raffineria della Lombarda Petroli

Cinque ore di buio. Cinque ore in cui non squillano telefoni e non vengono dati segnali d’allarme. Quando alle 8.30 di martedì la Lombarda Petroli avvisa per telefono l’Agenzia regionale per l’a mbiente che "è in corso uno sversamento di gasolio", nelle fogne di Monza sono già colati almeno 4mila metri cubi di carburante.

Il sabotaggio. Il petrolio sgorga dalle 3.30, riempie il piazzale del deposito, rende irrespirabile l’aria per chilometri. Una scena apocalittica e difficile da immaginare, di fronte a cui chiunque si sarebbe affrettato a chiamare i soccorsi. Invece no. Alla Lombarda Petroli, per 300 minuti, nessuno dà l’a llarme. Fra le cose che i gestori dell’impianto dovranno spiegare a chi indaga sul disastro ambientale c’è anche quel ritardo, che ha contribuito a creare il mostro ecologico (8mila metri quadri di carburante) che, dopo avere contaminato il Lambro, ora avvelena il Po e minaccia il mare Adriatico.

Il report dei soccorritori. La parentesi di silenzio fra l’inizio del dramma e la richiesta di soccorsi è documentata dal report stilato dai soccorritori martedì 23 febbraio, nel primo giorno di emergenza. Un dossier fitto, in cui viene registrato l’orario esatto di ogni avvenimento. Alle 8.30 si è detto Lombarda Petroli finalmente avvisa Arpa e Brianza Acque del versamento di carburante. Alle 10.25 il Nucleo sommozzatori Milano segnala alla sede regionale della Protezione civile "una macchia oleosa in località San Rocco di Monza, in corrispondenza del depuratore di acque del Fiume Lambro".

Allarme rosso. La bomba è già completamente innescata: la massa di carburante, colata nei tombini della Lombarda Petroli, ha percorso sei chilometri di fogne, intasato il depuratore e cominciato a riversarsi nel Lambro. Alle 10.30 a San Rocco intervengono i vigili del fuoco. Alle 11 i Comuni del Lodigiano sono avvisati: "Si interdica l’approvvigionamento di acqua per gli agricoltori". Un’ora dopo, Arpa informa di avere sigillato le sette cisterne di carburante manomesse a Villasanta. Dal sabotaggio sono passate otto ore e mezzo.

 

L'unità di crisi. Alle 12.50 viene convocata l’u nità di crisi in Prefettura a Milano. Intanto l’onda nera corre sul Lambro, verso sud: alle 13.21 ha passato Peschiera Borromeo ed è entrata nel Lodigiano. A Salerano già si tenta di allestire una barriera galleggiante. Alla stessa ora viene allertata l’Agenzia interregionale per il Po a Piacenza e a Parma. Ma, all’ora di pranzo del martedì nero, i politici nazionali ancora tacciono. È il segno che le dimensioni del danno ambientale sono chiare solo a chi ha visto con i propri occhi il blob che avanza. Per gli uomini che lottano sul campo l’ingresso della massa oleosa nel grande fiume è già un orizzonte drammaticamente realistico.

La doccia fredda. A Monza, alle 14.29, si organizza un Centro operativo comunale per la gestione del depuratore, invaso dal petrolio, e a Salerano "si cerca un’i mbarcazione per risalire il fiume e intercettare la macchia inquinante". Alle 14.38, la speranza: "Arpa comunica che si è riusciti a bloccare gli idrocarburi all’altezza di Melegnano, dove è presente una diga, facendo passare l’acqua sotto". Ma subito arriva la doccia fredda: "Non sarà più possibile bloccarla se continuerà ad arrivare materiale". Il "materiale" continuerà ad arrivare per giorni, a tonnellate. La diga di Melegnano sarà superata dalla massa nera, e la stessa sorte toccherà a tutti gli sbarramenti tentati sul Lambro fino alla confluenza con il Po. Ma chi lotta a Melegnano per contenere il disastro ancora non lo sa. O non vuole arrendersi all’idea.

La conta delle risorse. Alle 15 la Protezione civile fa una stima delle "risorse materiali" a disposizione per difendere il basso Lambro: dieci barriere galleggianti da 3 metri che al Centro operativo comunale di Villasanta "non servono più". Segno che in Brianza, 70 chilometri più a Nord, dove tutto ha avuto inizio, non c’è più nulla da contenere. E anche a valle, sotto Melegnano, cominciano i problemi. Mentre i vigili del fuoco del Pavese, "con tutto il materiale disponibile", si preparano a mettere giù una barriera a Chignolo dove il Lambro si butta nel Po, alle 15.47 i pompieri di Lodi comunicano che "non si può posizionare la barriera a Casaletto Lodigiano a causa della corrente del fiume troppo forte".

La marea nera nel Po. È la prima di una serie di comunicazioni sofferte, dettate da uomini sudati, immersi nell’o dore rancido del petrolio nel tentativo di fermare lo scempio: ore 16.03, "problemi a Melegnano, si stanno allagando i terreni circostanti la diga, la situazione è potenzialmente pericolosa", ore 17.35, "i vigili del fuoco di Venezia dispongono di barriere, ma necessitano di 12 giorni di navigazione sul Po". In serata, alle 19, due contadini chiamano il Comune di Chignolo sostenendo di avere visto "macchie di benzina entrare nel Po". Alle 23.23, un’a ltra telefonata: "Qui è pieno di petrolio. Il Po è pieno di petrolio".

(25 febbraio 2010)

 

 

 

 

Lambro, la corsa contro il tempo per salvare gli animali

È corsa contro il tempo per salvare più animali possibile dall’onda nera del Lambro. In campo l’Enpa, l’ente protezione animali, e l’oasi Wwf di Vanzago, dove esiste un centro di recupero per gli animali selvatici che l’anno scorso ha raccolto e curato 1.800 esemplari: per la maggior parte uccelli, ma anche serpenti, cervi, ghiri. I germani e le gallinelle del Lambro imbrattati di petrolio che si riescono a recuperare - operazione anche questa difficile, visto scappano via appena l’uomo si avvicina - vengono ripuliti più volte al giorno, con quattro o cinque lavaggi, usando acqua e sapone senza alcol. Un'operazione molto importante, poiché il piumaggio "ha una funzione di controllo della temperatura in questi volatili - spiega il veterinario dell’oasi, Stefano Raimondi - Se le penne sono piene di petrolio, rischiano di morire". Per questo motivo gli animali trattati vengono tenuti in luoghi riscaldati, a circa 28 gradi. E visto che non riescono più ad alimentarsi autonomamente (anche il loro becco è pieno di materiale vischioso), vengono nutriti e idratati con un sondino (anna cirillo)

[25 febbraio 2010]

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-03-01

 

 

 

 

 

 

 

2010-02-26

Disastro Lambro: è sabotaggio

di Giuseppe Vespotutti gli articoli dell'autore

Sette serbatoi che non è facile azionare né aprire. Il disastro del Lambro è stato sicuramente un sabotaggio ed ora è corsa contro il tempo perché l’onda nera sta dirigendosi verso il mare. Sono seicentomila litri di sostanze inquinanti. "Un gesto criminale - dice il sottosegretario all’Ambiente Menia - il ministero dell'ambiente si costituirà parte civile". Dietro il sabotaggio appalti per un progetto milionario. Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po. Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. Adesso il Pd accusa: il governo deve spiegare alla Camera il motivo del grave ritardo nel lanciare l'allarme. La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. La scia nera arriverà sull’Adriatico domenica. Questa è la previsione della protezione civile e del ministero dell’Ambiente. Il rischio è reale ma si cerca di evitare la catastrofe nella catastrofe. La parte superficiale della marea oleosa si sta parzialmente accumulando contro le paratie dell’ultimo presidio strutturale, la Centrale idroelettrica dell’Enel di Isola Serafini, Piacenza. [TITOLINO]emergenza[/TITOLINO] Il ministro Prestigiacomo dovrebbe presentare la dichiarazione di stato d’emergenza per l’inquinamento del Lambro lunedì al consiglio dei ministri. Mentre ieri da Piacenza il sottosegretario Guido Bertolaso ha assicurato che la Protezione civile ha adeguate strumentazioni a disposizione per combattere l’"onda nera". Adeguate "sia per quanto riguarda il monitoraggio di questa massa oleosa, sia per il rilevamento del possibile livello di inquinamento, sia per il recupero della sostanza inquinante. Capite bene, però - ha aggiunto - che non è facilissimo". Per quanto riguarda il danno ambientale, "lo valuteremo in corso d’opera", ha detto il capo della Protezione civile. Mentre sui rischi di inquinamento della falda acquifera, Bertolaso ha risposto che "al momento non abbiamo indicazioni". Intanto però è il Wwf ad avvertire che "tutto l’ecosistema è in pericolo": i dieci milioni di litri di olio combustibile e petrolio riversati sul Lambro faranno danni ai fiume, agli animali, all’agricoltura. E se dovesse raggiungere il delta del Po sarebbe a rischio anche la migrazione e lo svernamento degli uccelli acquatici. [TITOLINO]ecoterroristi[/TITOLINO] Un disastro i cui danni restano ancora incalcolabili, insomma. Ma che ha dei colpevoli, "ecoterroristi", secondo la Procura di Monza che sta indagando per disastro ambientale e inquinamento delle acque. L’ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta, da cui è partita la marea nera, è sotto sequestro. Ora si lavora per bonificare le fognature e capire se ci sono state delle violazioni da parte della proprietà. L’anno scorso la proprietà aveva fatto domanda per uscire dalla lista delle aziende pericolose e per questo pare che avesse autocertificato di conservare nelle cisterne meno olio combustibile di quanto ce ne fosse davvero.

25 febbraio 2010

il SOLE 24 ORE

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2010-03-01

Corsa contro il tempo per il Po

la chiazza nera arriva al mare

di Nicoletta Canazza

28 febbraio 2010

Corsa contro il tempo sul Po la chiazza nera arriva al mare

"Dai nostri archivi"

Il Cnr prevede un impatto duraturo sull'Adriatico

Bertolaso fiducioso sul Po "L'Adriatico non sarà toccato"

L'onda di idrocarburi in Adriatico tra 70 ore

Bertolaso: "Rassicuranti le analisi dell'acqua del Po"

Sul Po dove si tenta di bloccare l'onda nera di gasolio

POLESELLA (Rovigo) - La chiazza nera è diventata una pellicola di gasolio che viaggia a filo di corrente, a una media di 3,3 chilometri all'ora. Non si vede, ma se ne percepisce l'odore. Viaggia nella parte centrale del fiume, lontana dalle rive su cui si muovono uomini della Protezione civile, vigili del fuoco, forze dell'ordine, e sotto l'occhio attento dei tanti curiosi, accorsi sugli argini e i ponti come accade anche nelle temibili piene del Po. Da tre giorni lo spiegamento di forze è massiccio per contenere i possibili danni ad ambiente, agricoltura, pesca e turismo.

Perché il Po è un sistema delicato, che dà da vivere a migliaia di persone e aziende, ma non si governa facilmente. La corrente ha spazzato via le barriere di contenimento predisposte venerdì a Calto e Guarda veneta (una diga di galleggianti zavorrati lunga seicento metri) obbligando la Protezione civile ad allestire una seconda diga mobile a Polesella usando come appoggio i piloni di un ponte. L'obiettivo: assorbire il più possibile l'onda di idrocarburi prima che si sperdano nei tanti rami del Delta creando i presupposti per un disastro nei sistemi di irrigazione. Ma per far funzionare gli skimmer, le macchine che separano la frazione oleosa dall'acqua, vanno posizionate le barriere in neoprene e da qui in poi il Po si allarga fino a raggiungere i 6-700 metri prima del Delta.

"Sono state attivate misure di protezione lungo tutto il corso, fino a dove il fiume lo consente - sottolinea Francesco Puma, responsabile dell'Autorità di bacino del fiume Po – La barriera di Isola Serafini si è rivelata essenziale nell'emergenza. La maggior parte degli idrocarburi sversati nel Lambro e passati al Po è stato trattenuta e recuperata lì". Lo ha detto anche il sottosegretario Guido Bertolaso, accorso qui sabato per fare il punto dell'emergenza. I dati dei prelievi sono abbastanza rassicuranti, ma i sindaci guardano avanti, alla stagione turistica che sta per iniziare, a quella agricola alle porte, alle conseguenze per l'ambiente.

"Ci preoccupa soprattutto la gestione del dopo emergenza – spiega Silvano Finotti, sindaco di Porto Tolle – Al momento stiamo predisponendo misure di contenimento per evitare danni al sistema pesca che qui significa soprattutto valli e lagune". Perché nelle valli si può bloccare il flusso in entrata dell'acqua tramite paratie, ma le lagune sono direttamente collegate al mare e, considerando che il ciclo di produzione dei molluschi richiede due anni, un eventuale inquinamento da idrocarburi comprometterebbe sia il raccolto attuale che le semine future. Una prospettiva allarmante. Dalle lagune venete ed emiliane-romagnole viene il 90% della produzione di molluschi italiana. Ma è in fibrillazione anche il turismo. L'ombra dell'inquinamento rischia di far crollare le prenotazioni dall'estero per le spiagge di Rosolina e Albarella (2,5 milioni di presenze l'anno), e per quelle dei lidi ferraresi e comacchiesi.

"Le sabbie dovranno essere analizzate – commenta Luciano Mengoli, sindaco di Rosolina, il principale centro balnerare della provincia di Rovigo – per verificare un'eventuale presenza di idrocarburi". Il film di gasolio che viaggia attualmente sul Po, una volta in Adriatico, ritornerà alle spiagge con le correnti, sia quelle vicino alla sua foce, che quelle da cui si preleva il materiale per i ripascimenti di una costa soggetta a forte erosione. Sugli argini, da Polesella fino al Po di Maistra è un via vai costante di uomini e mezzi. "Un gruppo di lavoro – aggiunge Emanuela Finesso, direttore del Parco del Delta del Po veneto – sta monitorando costantemente la situazione per evitare rischi alla catena alimentare". Guai a dimenticare l'agricoltura. Adesso le irrigazioni sono ferme, ma tra un paio di mesi sarà tutta un'altra storia.

Il distretto della pesca in allarme

Minacciati riso, aglio bianco e radicchio

MAPPA 1 / I punti critici da Monza al delta

MAPPA 2 / Sul Po scorre la letteratura

VIDEO / L'onda nera si riversa nel Po e nel Lambro

FOTO / Il Po inquinato dal gasolio

28 febbraio 2010

 

 

Il distretto della pesca in allarme

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28 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

STORIE / Banda larga? C'è chi sogna il fax

Il distretto è ancora un modello

Alle fornaci di Murano 600 mastri vetrai in Cigs

La crisi bussa alla porta dei distretti

I distretti potranno emettere bond

Tutto il sistema pesca costiero è in allarme. Con l'inquinamento del Po sono abituati a fare i conti, ma l'arrivo di una scia di idrocarburi in Adriatico è tutta un'altra storia. Rischia di mettere in ginocchio produzione e lavoro. Solo il distretto ittico polesano comprende più di 210 imprese attive nel settore molluschi, pescato, trasformazione e commercializzazione. Vale oltre 500 milioni di fatturato annuo e occupa circa 3500 di addetti, di cui 2500 nella sola molluschicoltura. I numeri maggiori vengono dal comparto conserviero (circa 450 milioni di fatturato annuo). Diversa la realtà produttiva con circa 150 pescatori, 20 consorzi e circa 40 aziende di trasformazione e commercio, dove accanto a ditte individuali operano società conserviere presenti sul mercato internazionale (Dinon a Porto Viro, Regnoli e Mancin ad Ariano Polesine). Dalla parte emiliana il solo Consorzio pescatori di Goro (Copego) gestisce 620 ettari di allevamenti in valle e 1100 in off shore. Attorno ad esso gravitano 570 pescatori suddivisi in circa 400 imprese organizzate per categorie di pesca e mestiere, e una flotta di oltre mille barche. (N. Can.)

28 febbraio 2010

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Dal riso all'aglio, minacciate

le produzioni alimentari Igp

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28 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

Corsa contro il tempo per il Po la chiazza nera arriva al mare

Tra Rovigo e Ferrara si contano una decina di produzioni tipiche, molte delle quali hanno già ottenuto il marchio Igp e Dop. Realtà come l'aglio Adriano (dodici le azione del consorzio di tutela), l'aglio bianco Palesano Dop, il riso del Delta del Po (altre 13 aziende; 950 ettari tra Veneto ed Emilia-Romagna per un fatturato di 1,8 milioni l'anno), il radicchio di Chioggia, le insalate di Lusia e Rosolina (2 milioni di quintali prodotti ogni anno) hanno permesso di coniugare tutela del territorio e produzioni di nicchia dando reddito all'agricoltura locale e arricchendo il paniere del made in Italy alimentare. Il Po è essenziale per le irrigazioni, ma non solo. La portata delle sue acque contrastano il cuneo salino che, entrando nelle falde, inaridisce i suoli. L'attività di tutela è costante e da anni la strategia di sviluppo del territorio passa dall'integrazione tra attività turistiche, agricole e alimentari tipiche. Finora del fiume si temevano soprattutto le grandi piene e le secche estive. La macchia di idrocarburi diventa un'incognita per il prossimo avvio della stagione delle irrigazioni. (N. Can.)

28 febbraio 2010

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2010-02-26

Bertolaso fiducioso sul Po

"L'Adriatico non sarà toccato"

26 febbraio 2010

Il responsabile della Protezione Civile Guido Bertolaso durante il sopralluogo al fiume Lambro (Ansa Pierpaolo Ferreri)

"Dai nostri archivi"

Dal Lambro l'onda nera di gasolio è arrivata al Po

L'onda di idrocarburi in Adriatico tra 70 ore

La marea nera fermata per l'80% a Isola Serafini

Sul Po dove si tenta di bloccare l'onda nera di gasolio

VIDEO / Il disastro ambientale sul Po e sul Lambro

"Non credo che arriverà in Adriatico neppure una goccia d'olio e questo credo che sia l'obiettivo principale": così il numero uno della Protezione Civile, Guido Bertolaso, al termine della riunione indetta in prefettura a Milano sull'emergenza ambientale dei fiumi Lambro e Po. "Al momento siamo tranquilli - ha detto Bertolaso - le verifiche le stiano facendo, le analisi le stiamo facendo, i blocchi per arginare la macchia d'olio li abbiamo messi, ripeto non credo che in Adriatico arriverà neppure una goccia d'inquinante".

Bertolaso già a fine mattinata aveva anticipato, dopo il vertice in prefettura a Piacenza, che un buon 80% della massa di idrocarburi sversati nella notte tra lunedì e martedì nel fiume Lambro a Villasanta dalle cisterne dell'ex raffineria della Lombarda Petroli era stato fermato dalle barriere erette all'altezza della centrale Enel di Isola Serafini, poco dopo Piacenza. La conferma arriva dai tecnici della Protezione civile dell'Emilia-Romagna: i primo prelievi a monte di Isola Serafini hanno registrato una concentrazione di 19 milligrammi per litro di inquinante contro i 4 a valle. "Credo che al massimo - ha aggiunto Bertolaso - sia sfuggito da questa barriera tra il 5 e il 10 per cento della massa complessiva, quindi questo è un dato molto significativo".

Secondo i calcoli dei tecnici quel che resta della massa oleosa, ridotta a filamenti e bolle ma lungo un ampio tratto di una quarantina di chilometri dovrebbe transitare sabato a metà mattina a Ferrara. All'altezza di Pontelagoscuro, per l'esattezza, si trovano i punti di prelievo dell'acqua potabile, ovvero i pozzi di subalveo situati nello strato ghiaioso sotto il letto del fiume. "Non dovrebbero esserco grossi rischi - spiega al Sole24Ore.com Vito Belladonna, della direzione generale dell'Arpa dell'Emilia-Romagna - perché gli idrocarduri tendono a rimanere in superficie, ma stiamo procedendo con prelievio continui per monitorare la situazione". Proprio il delicato equilibrio dell'acquedotto del capoluogo estense e le conseguenze per l'ecosistema del Delta del Po, che è anche un Parco ed è una delle aree umide più importanti e ampie d'Europa, rappresentano al momento la maggiore fonte di preoccupazione.

Il problema che sta rendendo ancora più difficile il contenimento dell'inquinamento da idrocarburi è che in queste ore il grande fiume è in piena, ha precisato il presidente del Consorzio di bonifica del Delta del Po, Lino Tosini. Il fiume ha attualmente una portata di oltre 3 mila metri cubi al secondo ed una velocità vicina a 1,5 metri al secondo. "Si tratta dunque di una situazione di piena, che rende più difficili le contromisure che si stanno approntando nell'area deltizia" ha aggiunto Tosini. Tra gli interventi che si stanno analizzando, ha reso noto Tosini, anche la possibilità di dirottare i volumi d'acqua inquinati "in modo tale da poterli imprigionare e trattare con più tranquillità, lasciando nel frattempo defluire l'acqua pulita in Adriatico e proteggendo così gli allevamenti di vongole".

Sul fronte delle indagini infine (il reato ipotizzato è disastro ambientale), è stato affidato alla Guardia di Finanza il compito di accertare la quantità di idrocarburi contenuta nei depositi della Lombarda Petroli al momento del sabotaggio e quanto ne sia rimasto. Solo così sarà possibile stabilire quanto petrolio si è riversato nel Lambro e poi nel Po. Tante le ipotesi sui motivi per i quali mani esperte, come le ha definite il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia, hanno aperto i rubinetti delle cisterne.

Oggi verrà poi sperimentato un trattamento enzimatico per aggredire gli idrocarburi che ristagnano in alcune aree del Lambro e trasformarli in sostanze biodegradabili. Il procedimento sarà messo in campo dall'Arpa nelle aree maggiormente colpite dallo sversamento di idrocarburi di due giorni fa.

La mappa degli interventi Arpa sul fiume

L'onda di idrocarburi in Adriatico tra 70 ore (N.Co.)

RADIO24 / Reportage da San Nazzaro

Da Plinio a Guareschi, sul Po scorre la letteratura

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Racconta il disastro sul Lambro e sul Po

FOTO / Il Po inquinato dal gasolio

VIDEO / L'onda nera si riversa nel Po e nel Lambro

 

 

 

 

L'onda di idrocarburi in Adriatico tra 70 ore

di Nicoletta Cottone

25 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

La marea nera minaccia l'Adriatico

Dal Lambro l'onda nera di gasolio è arrivata al Po

Al Consiglio dei ministri di lunedì sarà dichiarato lo stato di emergenza

Ancora 70 ore e le migliaia di metri cubi di idrocarburi fuoriusciti dall'ex raffineria della Brianza potrebbero arrivare al mare Adriatico. A dirlo il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che questa mattina ha sorvolato la zona interessata dal disastro ambientale. "La movimentazione lungo il Po ci sarà ancora per 70 ore" poi la "chiazza" arriverà all'Adriatico. Per questo motivo il ministero dell'Ambiente ha allertato anche la guardia costiera che è presente con navi davanti la foce del Po e il "servizio disinquinamento marino" che dovrà continuare quando parte della chiazza arriverà nell'Adriatico". Al Consiglio dei ministri di lunedì sarà proclamato lo stato d'emergenza per l'inquinamento del fiume Lambro.

Il sottosegretario all' Ambiente, Roberto Menia, nel corso di un'informativa urgente del Governo alla Camera sull'emergenza ambientale conseguente allo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume Lambro di due giorni fa, ha sottolineato che si è trattato di un "atto doloso estremamente grave". Ha raccontato che tra le tre le quattro del mattino ignoti si sono introdotti all'interno del deposito della Lombarda Petroli di Villasanta (Monza) e hanno azionato le pompe idrauliche utilizzate per trasferire i prodotti delle autocisterne, causando lo sversamento di idrocarburi, con una fuoriuscita di 3.500 metri cubi, cioè tre milioni e mezzo di litri. Ha ripetuto, come aveva detto il ministro Prestigiacomo, che "la traccia oleosa impiegherà ragionevolmente tra le 50 e le 70 ore per raggiungere il Delta del Po".

La Protezione civile dell'Emilia Romagna stima che attualmente nel Po ci siano tra i 400 mila e i 600 mila litri di idrocarburi. Il depuratore di Monza, ha spiegato Menia, "ne ha filtrati 2.500 metri cubi, mentre altri 1.000 sono finiti nel Lambro". Sono stati predisposti sbarramenti nei comuni di Piacenza, Caorso (Piacenza) e Monticelli d'Ongina (Parma) all'altezza del ponte San Nazzaro, ha detto Menia, "ma non é stato possibile fermare tutto il materiale oleoso per la quantità e per la corrente".

"Al momento - ha spiegato Menia - non è stato ravvisato un rischio concreto per la sanità pubblica e la Regione Lombardia, competente in materia, provvederà a una accurata e periodica comunicazione alle diverse fasce di utenti in ordine all'evoluzione del fenomeno e degli eventuali rischi per la popolazione e per le coltivazioni agricole".

25 febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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2010-02-11

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